Tumori della prostata
Prostatectomia radicale robot-assistita (RARP).
È la tecnica di gran lunga più adottata attualmente ma in alcuni casi particolari l’urologo potrà consigliare un approccio a cielo aperto. L’intervento chirurgico di prostatectomia radicale robotica prevede l’asportazione completa della ghiandola prostatica e delle vescicole seminali ed il ripristino della continuità del tratto urinario. Il primo tempo dell’intervento consiste nella creazione dello pneumoperitoneo: la cavità addominale deve essere riempita di anidride carbonica per creare una camera di lavoro per gli strumenti chirurgici robotici. Una incisione di 1 cm a livello sopra-ombelicale consente di posizionare sotto visione diretta ed in maniera del tutto atraumatica il primo trocar robotico, attraverso il quale si inserisce l’ottica che permetterà al chirurgo di eseguire l’intervento. Si inseriscono successivamente, in cavità peritoneale, i successivi 5 trocar operativi, di cui tipicamente 3 gestiti dal primo operatore e 2 dall’assistente. Il primo tempo operatorio è rappresentato dall’isolamento delle vescicole seminali, attraverso una piccola breccia eseguita nel peritoneo parietale che riveste il cavo del Douglas, al di sopra dell’intestino retto. Completato l’isolamento delle vescicole seminali, dalla cavità peritoneale si accede allo spazio pelvico dove è localizzata la prostata che viene completamente isolata sia dalla vescica che dall’uretra e rimossa dall’addome attraverso una porta operativa. L’anastomosi uretro-vescicale viene eseguita con una sutura in continua che garantisce una tenuta eccellente e rapida ripresa della continenza urinaria. Si posiziona un catetere vescicale e viene eseguita prova di tenuta dell’anastomosi stessa. Si posizionano nello scavo pelvico 1-2 piccoli tubi di drenaggio, che permettono il monitoraggio di eventuali perdite di sangue, di urine o di linfa. In molti casi l’intervento prevede anche la rimozione consensuale dei linfonodi posti vicino alla prostata (linfoadenectomia)
La tecnica prevede la possibilità di preservare bilateralmente oppure da un solo lato i fasci vascolo-nervosi che sono coinvolti nel meccanismo dell’erezione. La possibilità di preservarli dipende dalla situazione anatomica locale del paziente, dalla situazione oncologica, cioè dalla eventuale estensione della malattia della prostata, e da fattori anatomo-chirurgici, cioè dalla possibilità tecnica di realizzare un tale tipo di intervento.
Possibili rischi o complicanze
- Anemizzazione con necessità di trasfusioni (4.8%)
- Ematoma pelvico/addominale (1.9%)
- Linfocele o linforrea prolungata (1.3%)
- Linfedema (1.3%)
- Infezioni locali e/o sistemiche (1.4%)
- Neuroprassia (alterazione della sensibilità a livello degli arti) (0.1-1.5%*)
- Fistola urinosa con deiscenza dell’anastomosi vescico-uretrale: (0.5%)
- Re-intervento per emorragia/ematoma (1.0%)
- Re-intervento per occlusione/perforazione intestinale (0.3%)
- Sclerosi dell’anastomosi uretro-vescicale (0.3-6%)
- Ritenzione acuta di urina (0.4-4.0%*)
- Trombosi venosa profonda e/o tromboembolia polmonare: (0-0.7%*)
- Lesione rettale (0.1-1.7%*)
- Conversione chirurgica intra-operatoria (<0.1%*)
- Ernia incisionale (0.1-2%*)
- Ernia inguinale
Possibili problemi di recupero
Le sequele più tipiche dell’intervento di prostatectomia radicale sono l’incontinenza urinaria e il deficit erettile.
Nella nostra esperienza la continenza urinaria viene recuperata da più del 90% dei pazienti durante i primi 12 mesi postoperatori. In questo periodo può essere necessario che il paziente utilizzi pannolini protettivi. Può a volte essere di aiuto o necessario eseguire una fisioterapia e/o un programma riabilitativo specifici per ottimizzare la ripresa della continenza.
Una riduzione delle erezioni è frequente nei pazienti che si sottopongono ad intervento di prostatectomia radicale. Nel caso sia possibile eseguire la tecnica “nerve sparing” di conservazione dei nervi responsabili dell’erezione, circa il 70% dei nostri pazienti sono in grado di riprendere una attività sessuale soddisfacente dopo l’intervento, utilizzando terapia medica specifica. La ripresa della normale funzione erettile tuttavia dipende significativamente dalle condizioni generali del paziente. Dopo l’intervento scompare sempre la eiaculazione (cioè non fuoriesce più liquido seminale all’esterno al momento dell’orgasmo), mentre la sensibilità orgasmica viene mantenuta quasi sempre. Si crea di fatto una condizione di sterilità maschile post operatoria.